Il tempo di raccontare storie

Mancava solo lui: Santa Maradona.
Quasi un’offesa personale non averlo ancora convocato nelle due precedenti edizioni.
Che mica si vada qualcuno senza il padrone di casa.

Ma el pibe de oro e il calcio sono solo un piccolo tassello.
Il Napoli Teatro Festival Italia profuma sempre meno d’adolescenza e diviene mosaico complesso d’anime e pensieri, internazionale per attitudine, territoriale per sensibilità.
Progetto giunto al terzo anno di vita riuscendo a creare basi e continuità dal nulla: si era fragili, s’è diventati adulti, grazie anche a un utilizzo all’apparenza sempre più lucido dei grassi finanziamenti pubblici.

Un privilegio di cui ci si è resi conto, in un momento in cui i teatri chiudono e gli attori lavorano nei supermarket.
Da qui la scelta di mantenere a Napoli un festival nelle intenzioni nato itinerante.

Un successo per la Fondazione Campania dei Festival di Rachele Furfaro e il direttore artistico Renato Quaglia, a capo d’una struttura pantagruelica: 23 gli spazi coinvolti, fra cui spiccano al solito il Real Albergo dei Poveri, il Maschio Angioino e per la prima volta l’architettura industriale dell’ex Birreria di Miano; 35 gli spettacoli del programma ufficiale a cui si aggiungono i 39 del Fringe (la sezione giovane e off); undici le produzioni del Festival, decine le coproduzioni con istituzioni (inter)nazionali, una decina gli scrittori a cui sono state commissionate pièce apposite.

Tuttoquesto dal 4 al 27 giugno. Tanta roba, direbbero in Toscana. Filo rosso il concetto di “tempo”: quanto ne occorre per raccontare una storia?
Ecco allora le dodici ore de “I Demoni” del Premio Ubu Peter Stein, per ora visto solo nella sua tenuta (succede anche questo) o la folle “teatronovela” Bizzarra dell’argentino Rafael Spregelburd, sorta di “Un posto al sole” drammaturgico; le nove ore per nove storie proposte da Robert Lepage o le micro performance sparse per la città, la video installazione “Devo partire”.

“Domani” di Ming Wong, “Football Football” del bosniaco Haris Pasovic, il concerto-spettacolo “El Diego” del Maestro De Simone.
E ancora Michel Didym, Matthias Langhoff con “Cabaret-Hamlet”, Marco Baliani, Alessandro Gassman.

Mentre da non perdere il bravo Gaetano Ventriglia, con Silvia Garbuggino a portare per due giorni (sì, consecutivi) “Delitto e castigo” fra i vicoli dei Quartieri Spagnoli, dove si dorme pure.
E chissà che avrebbe detto il buon Fëdor dei suoi personaggi, senza cappotto (s)persi fra panni stesi e motorini sovraffollati.

Dalla Russia a Napoli.
Con amore.

Scritto da Diego Vincenti per Il Napoli

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